lunedì 19 dicembre 2011

Alternativa Democratica

E’ necessario costruire in Consiglio Grande e Generale un’Alternativa Democratica che, supportata dalla società civile, sia in grado di rompere quest’assurda indolenza della classe politica.





San Marino 19 dicembre 2011/1710 d.F.R.


Quanto sta succedendo nel Paese e in particolar modo a seguito delle rivelazioni sulle infiltrazioni e connessioni con la malavita organizzata ha lasciato “l’altra parte” del Paese sbigottita e incredula.

La pubblicazione delle intercettazioni è sconvolgente.

E’ vero che esiste una questione morale per la politica nostrana.

E questa è tutta incentrata su una crescita disorganica e non funzionale agli interessi del Paese del nostro sistema bancario e finanziario, origine della maggior parte dei nostri guai.

Sulla “confusione” tra interessi pubblici e privati da parte di chi doveva promuovere esclusivamente quelli pubblici.

Ora che è arrivato il tempo delle vacche magre, la società civile in assenza di risposte adeguate dalla classe politica, cerca di auto organizzarsi.

Almeno per pungolare la stessa politica a rinnovarsi ed emarginare non solo i cosiddetti “inguaiati”, presenti e futuri, ma anche a riacquisire una credibilità sempre più minata da vecchie logiche di gestione del potere.

Non si può non ripartire dalla stessa politica per troncare con il passato e rimodellare una società con regole chiare di convivenza basate sulla legalità, trasparenza, equità e solidarietà.

Se non saranno “sterilizzati” a tempi brevissimi coloro che, in una qualche maniera hanno inquinato le istituzioni e il tessuto economico e sociale di San Marino, il sistema politico ne sarà travolto.

Il processo non è dei più semplici.

E' più facile dirsi che farsi.

Gli “inguaiati”, presenti e futuri, in un potente movimento trasversale alle forze politiche, difficilmente faranno passi indietro.

Tutt'altro, cercheranno di mantenere le posizioni che in questo momento gli assicurano una sorta d’immunità.

E’ necessario costruire in Consiglio Grande e Generale un’Alternativa Democratica che, supportata dalla società civile, sia in grado di rompere quest’assurda indolenza della classe politica.

Un’Alternativa Democratica trasversale a tutti i partiti, oramai vecchi e svuotati delle loro idealità più alte e profonde.

Un’Alternativa Democratica sana, non compromessa, giovane e con una visione di San Marino “diversa”.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “TEOREMA SCP” – 1999 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 12 dicembre 2011

Principe cercasi

La speranza è che arrivi il Principe o più Principi e che questi siano quelli che risveglino la bella addormentata.

Un Principe che sia vero e possibilmente non una sbiadita fotocopia del passato.






San Marino, 12 dicembre 2011/1711 d.F.R.


Come nella favola di Charles Perrault, “La bella addormentata”, la Repubblica di San Marino sembra essersi addormentata a seguito del maleficio profetico.

Addormentata soprattutto nelle coscienze in un rassegnato attendismo, senza idee per il futuro.

Sembra un piccolo natante in un oceano sempre più in tempesta.

La cittadinanza sta, però, prendendo piano piano coscienza di come lo scafo, seppur piccolo, sia comunque robusto.

Robustezza data dalle nostre tradizioni Repubblicane, ove la gestione della cosa pubblica diventa l’elemento fondante e collante tra gli appartenenti alla nostra piccola comunità.

La politica unitamente ai centri di potere istituzionalizzati, ossia banche, sindacati e associazioni imprenditoriali, non hanno dato in questi anni le risposte che ci si attendeva, ma per questo non vano delegittimati.

L’insieme dei “bravi ragazzi”, partito trasversale ai partiti, andati al potere alla fine degli anni ottanta, non ha ancora mollato la presa del comando, mostrando una longevità con pochi eguali nei paesi democratici. Europei.

Senza mai preoccuparsi di creare le condizioni affinché vi fosse un ricambio vero, anche in tutti gli organismi pubblici e privati.

Riforme e riformette per cambiare tutto senza cambiare in realtà nulla.

Senza mai preoccuparsi di “contenere” le potenti lobby affaristiche che, dal territorio alla finanza, hanno condizionato per tre decenni la vita economica e politica di San Marino.

Queste lobby sono sempre quelle che, con il supporto dei “bravi ragazzi”, ci propinano improbabili movimenti anche culturali, pieni di ricette salva Paese, con indicazioni favorevoli ai business che possono renderle sempre più potenti.

La cittadinanza è sempre di più pronta a esprimere giudizi, anche critici, nei confronti di chi ha responsabilità di governo e non indica o propone prospettive.

Dopo trent’anni di regalie nel pubblico e nel privato è arrivato il momento che, porti il peso maggiore dei costi che dovremo sostenere, chi di questi ha avuto più benefici dal sistema.

La speranza è che arrivi il Principe o più Principi e che questi siano quelli che risveglino la bella addormentata.

Un Principe che sia vero e possibilmente non una sbiadita fotocopia del passato.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “PARPAIA” – 2004 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

martedì 6 dicembre 2011

I figli del sistema

Ecco che Banca Centrale si trova ad essere la chiave principale non solo del comparto finanziario sammarinese ma anche di tutto il comparto economico nel suo complesso.





San Marino 5 dicembre 2011/1711 d.F.R.


Con la messa in Amministrazione Straordinaria della Banca Commerciale Sammarinese un altro figlio del sistema è caduto momentaneamente.

Il nostro “Istituto Principe” di regolamentazione del sistema bancario e finanziario procede a spron battuto ed in piena autonomia al riassestamento dell’intero comparto.

Rispondendo sia a logiche di adeguamento a standard internazionali sia a logiche di controllo e vigilanza interna che lo vedono fronteggiare l’emergenza delle infiltrazioni criminali in Repubblica.

Al momento risultano complessivamente quarantacinque soggetti abilitati da Banca Centrale all’esercizio dell’attività bancaria, finanziaria e assicurativa.

I tre anni appena trascorsi hanno sconvolto un sistema impreparato in termini di know how e professionalità.

Le note problematiche di liquidità legate al drenaggio dello “scudo” ed alla sempre più pesante crisi finanziaria internazionale ed europea in particolare hanno indotto accorpamenti e liquidazioni coatte e volontarie.

Ecco che Banca Centrale si trova ad essere la chiave principale non solo del comparto finanziario sammarinese ma anche di tutto il comparto economico nel suo complesso.

Diversi sono i malumori interni espressi non solo da parte dei semplici correntisti o da parte degli stessi operatori ma anche e soprattutto dalla politica che si vede costretta a rincorrere e dover gestire, per quanto gli compete un’emergenza dietro l’altra.

Purtroppo siamo tutti figli dello stesso sistema, ed è arrivato il momento di guardarsi allo specchio e, se non è già stato fatto, di ripensarci velocemente anche come sistema finanziario e bancario Banca Centrale compresa.

Se vogliamo sopravvivere in maniera dignitosa.

Il sistema finanziario e bancario, con i meccanismi di tracciamento delle operazioni e della limitazione dell’uso dei contanti è oggi in grado di individuare immediatamente tutte le criticità della nostra economia.

La politica deve infine fare la massima chiarezza nei suoi rapporti con la finanza.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “CUOREINFRANTO” – 2003 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 21 novembre 2011

Un colpo al cerchio ed uno alla botte

L’art. 13 recita testualmente che “Tutti i cittadini hanno l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”.

Non vi è quindi da scandalizzarsi se è introdotta una “patrimoniale una tantum”.




San Marino 21 novembre 2011/1711 d.F.R.


La finanziaria 2012, che si andrà ad approvare entro la fine dell’anno vuole, in sostanza, sanare ove possibile il buco di bilancio prevedendo tagli alla spesa pubblica e l’introduzione della cosi detta patrimoniale.

E’ evidente che sono provvedimenti tampone, improvvisati e non sempre condivisi.

Provvedimenti che servono solo a fronteggiare l’emergenza, che è quella di fare cassa per soddisfare le impellenti esigenze finanziarie della macchina dello Stato.

Sono probabilmente le sole disposizoni attuabili in maniera veloce, in attesa che le forze politiche si mettano d’accordo per le riforme strutturali utili e necessarie per modernizzare il Paese, sdoganandolo da questa crisi che picchia sempre più duro.

E’ chiaramente un provvedimento che non favorisce sviluppo e crescita.

E’ un provvedimento frutto delle non scelte.

La politica è oramai ostaggio di se stessa e delle categorie economiche, Organizzazioni Sindacali in testa (le vecchie per lo meno) che per assurdo bloccano ogni azione di riforma e riposizionamento del sistema, in nome della difesa di privilegi acquisiti che non hanno più ragione di essere.

E’ necessario allora rammentare quanto prevede la “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell'ordinamento sammarinese” che contiene le regole fondanti della nostra convivenza civile.

L’art. 13 recita testualmente che “Tutti i cittadini hanno l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.”.

Non vi è quindi da scandalizzarsi se è introdotta una “patrimoniale una tantum”.

Ci si deve preoccupare invece, che non sia posto al centro di un progetto di sviluppo e di crescita del Paese, l’impresa, vero e unico elemento di ricchezza di qualsiasi società.

E’ indispensabile promuovere azioni e norme che favoriscano una nuova localizzazione sul nostro territorio delle imprese.

Dovremmo attirare aziende, creando le condizioni favorevoli per farlo: sburocratizzazione delle procedure, fiscalità leggera a favore di chi investe in locali e macchinari e produce occupazione, incentivi a chi fa ricerca e sviluppo o a chi promuove un’imprenditoria socialmente utile, condizioni di accesso al credito facilitate.

Purtroppo stiamo facendo l’esatto contrario con il risultato evidente, che tutti possono toccare con mano.

Disoccupazione in crescita, frontalierato all’inverso, migrazione delle imprese all’estero comprese le sammarinesi doc.

Delle scelte e delle decisioni dovranno essere prese nel breve.

La coperta incomincia a essere sempre più corta e a forza di tirarla può essere che si strappi.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “L’IMPERATRICE” – 2006 – Ciaccaezetazetai – olio su tela– cm 100 x 150 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 14 novembre 2011

Prove di fine legislatura

Forse in tutto questo “baillamme” sarebbe salutare la nascita di un terzo polo, con idee chiare su cosa fare per il Paese e abbastanza forte da poter scompaginare gli assetti politici che orami, ingessano la vita democratica e politica interna da troppi anni.


San Marino 14 novembre 2011/1711d.F.R.


Vi è nell’ultimo periodo un gran fermento nella vita politica del Paese.

Forse galvanizzati oppure indotti anche dal mutato scenario politico in Italia.

La Democrazia Cristiana, che ha in questo momento la centralità della vita politica, è aperta naturalmente al dialogo con tutte le forze politiche.

I socialisti hanno finalmente deciso di aggregarsi per il momento solo tra di loro.

In Consiglio Grande e Generale si stanno sperimentando, di fatto, le nuove alleanze che permetteranno, numeri alla mano, di rimanere saldi al potere e di poter prendere i provvedimenti che il momento richiederà.

La maggioranza ha acquisito un nuovo pregiato pezzo dopo aver perso gli ex DDC ora Unione per la Repubblica.

Purtroppo non è sufficiente.

C’è chi chiede un Governo di Unità Nazionale, così come c’è chi chiede di andare direttamente alle elezioni.

Oppure in alternativa a tutto questo, c’è chi preferisce continuare, come ora, con il supporto esterno di forze politiche al momento all’opposizione, da alternarsi rigorosamente tra loro.

Dividi et impera.

Il problema vero è che, i numeri della maggioranza in Consiglio Grande e Generale sono troppo risicati.

Con un premio di maggioranza che ha favorito chi forse, in questo momento, conti alla mano, la maggioranza effettiva dell’elettorato non l’ha più.

Tutti i partiti stanno lavorando per ritornare al potere, con una grande corsa al centro, pensando che forse all’opposizione rimarrà solo Sinistra Unita.

Che però a ben guardare, alla fine, è molto più moderata di tanti altri moderati.

La nostra classe politica ce la sta mettendo tutta per auto delegittimarsi, cercando di individuare forme politiche che oramai non interessano più nessuno se non gli addetti ai lavori.

I giovani consiglieri hanno una difficoltà incredibile a emergere e agire anche in maniera autonoma, ingabbiati e imprigionati nei meccanismi interni dei partiti e guardati a vista dai “vecchi” volponi che navigano da anni nel mare della politica.

Purtroppo non ci si confronta sui problemi veri del Paese, ritardando scelte fondamentali per il futuro.

Forse in tutto questo “baillamme” sarebbe salutare la nascita di un terzo polo, con idee chiare su cosa fare per il Paese e abbastanza forte da poter scompaginare gli assetti politici che orami, ingessano la vita democratica e politica interna da troppi anni.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “MIX SALAD” – 2000 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 100 x 150 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 7 novembre 2011

Per un'economia fraterna

Anche gli Ecc.mi Capitani Reggenti, nel messaggio d’insediamento e in quello di fine anno 2010 hanno fatto “un grosso appello all’unità, al senso di responsabilità e alla capacità di elaborare proposte utili agli interessi del Paese.





San Marino 7 novembre 2001/1711 d.F.R.


La crisi economica finanziaria sta travolgendo un’Europa sempre più fragile dal punto di vista politico.

Il commissariamento di fatto dell’Italia, da parte della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, con verifiche e controlli periodici sullo stato avanzamento dei provvedimenti da attuare, ricorda ai sammarinesi il percorso che, volenti o nolenti, hanno intrapreso per adeguarsi ai nuovi “standard internazionali”.

L’Italia, che nei confronti della nostra piccola Repubblica si è assunta, di fatto, il compito di “garante” di un cambiamento radicale del nostro sistema economico-finanziario, si è di ritrovata a sua volta commissariata e controllata a vista dagli organismi internazionali.

Per l’Italia è come se si realizzasse un paradossale destino karmico, con un grande deficit di affidabilità soprattutto in ambito politico nei confronti dell’Europa e del mondo.

E’ comunque una situazione sulla quale non vi è da gioire ma solo da esserne preoccupati.

L‘integrazione culturale, politica ed economica con la vicina Italia, con la quale c’è sempre stato un rapporto di vera amicizia, potrebbe costringerci ad affrontare un’ulteriore emergenza soprattutto in ambito economico e finanziario.

Il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, nell’appello lanciato la settimana scorsa, evidenzia la necessità impellente, di fronte alle dure prove che dovranno essere affrontate, di coesione sociale, cambiare stile di vita e fine al clima avvelenato della politica.

La speranza è che sia un messaggio accolto dal popolo italiano, che non cada nel vuoto come invece accaduto a casa nostra.

Anche gli Ecc.mi Capitani Reggenti, nel messaggio d’insediamento e in quello di fine anno 2010 hanno fatto “un grosso appello all’unità, al senso di responsabilità e alla capacità di elaborare proposte utili agli interessi del Paese.

Un appello che era rivolto soprattutto alle forze politiche, ma che riguardava in grande misura anche le organizzazioni sindacali, imprenditoriali, le varie associazioni e ogni cittadino che avesse responsabilità di decidere, di programmare, di compiere scelte, di esprimere orientamenti.”.

Un appello evidentemente caduto nel vuoto.

Attività legislativa in Consiglio Grande e Generale svolta con una maggioranza risicata a un Consigliere, con un’attività della politica volta più alla conservazione e gestione del potere che al fare delle scelte “alte”.

Nella più completa assenza di una condivisione sui temi importanti e alla base di una pacifica, equa e civile convivenza.

Scelte da fare ponendo al centro l’uomo e la comunità di cui fa parte.

Il nostro è stato più il Paese delle non scelte.

Anche le relazioni industriali, tra le organizzazioni imprenditoriali e sindacali, sono ancora ingessate su posizioni preminentemente ideologiche da anni 50, dimenticandosi che i muri sono già tutti caduti da parecchio tempo.

Lo testimonia il fatto che ancora il contratto industria deve essere firmato.

Non si è cercato un approccio diverso, altre relazioni, nuovi modelli da iniettare nel nostro sistema, ma solo la difesa estenuante delle proprie posizioni di potere e dei rispettivi diritti, dimenticandosi completamente i doveri.

Da tempo non esiste più né ”il padrone” nè “l’operaio”.

Gli imprenditori devono essere consapevoli che l’impresa non è più un loro bene esclusivo e che esistono grazie all'impegno di chi li ha preceduti e di quanti vi hanno lavorato a tutti i livelli.

Non possono quindi utilizzarle per scopi meramente personali.

Prendendosi tutti i benefici e gli incentivi disponibili e lasciando tutti in braghe di tela quando questi sono cessati.

Così che coloro che vi prestano la propria opera possano essere compartecipi e considerati la risorsa primaria di ogni attività d’impresa.

Impresa e prestatori d’opera sono entrambi patrimonio e risorse e importantissime per la comunità in cui operano.

Le riforme che si andranno a fare in tema di pubblica amministrazione, fisco, previdenza e banche, devono incoraggiare l’incontro e favorire lo sviluppo di nuovi modelli economici non più incentrati sul mero egoismo dei singoli attori o delle corporazioni condizionati la vita economica del Paese.

Incentivare le imprese sociali, cooperative, nuovi modelli partecipativi, ricerca e sviluppo, in maniera tale che, dopo la follia della globalizzazione, sia favorita una ri-localizzazione di attività che sono la ricchezza di un Paese e patrimonio di tutta la collettività.

E’ questa quella che viene chiamata l’Economia Fraterna e che, promossa da tutti coloro che hanno a cuore veramente il sociale, può essere la risposta vincente alla crisi economica e finanziaria in atto che è anche crisi di valori e di identità

I nostri Consiglieri, invece che litigare tra loro e arroccarsi nelle rispettive torri d’avorio, farebbero bene a “fare proprio” l’appello della nostra massima autorità e, cooptando le nostre migliori intelligenze, chiudersi in Consiglio Grande e Generale per uscirne solo quando avranno da dare delle risposte e delle prospettive alle richieste che provengono dal Paese.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “IL SE’ MIGLIORE” – 2004 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 300 x 250 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 31 ottobre 2011

Quello che ci manca

Vi è l’estrema necessità di esempi di cittadini che s’impegnino in prima persona per il bene del Paese e per l’interesse collettivo.

Servono esempi di persone che mostrino come si possa coniugare l’interesse particolare con quello generale.


San Marino, 1 novembre 2011/1711 dF.R.


La rassegnazione sembra aver preso il posto dell’iniziale amor proprio.

Il fatto che “probabilmente” a breve l’Italia firmerà la convenzione contro le doppie imposizioni con San Marino, togliendoci così dalle black list e inserendoci forse in qualche withe list, non significa certamente la soluzione di tutti i problemi.

E purtroppo ne abbiamo accumulati parecchi in questi ultimi anni di profonde trasformazioni di sistema.

Caduti uno dopo l’altro, tutti i capisaldi del vecchio sistema economico, ci siamo ritrovati come nudi, senza però la foglia di fico.

E ‘mancata e manca tuttora una prospettiva di sviluppo, non solo nel medio e lungo periodo ma anche, per assurdo, nel breve.

Senza coraggio e senza autorevolezze nel Paese, in questo momento così grigio per noi, ci siamo appiattiti al volere di una politica pienamente chiusa su se stessa, di una burocrazia sempre più incisiva e di poteri forti sempre più autoreferenziali.

Ha completamente ragione chi dice che il nostro Paese sembra si sia fermato.

Che manchi di progettualità per il futuro.

Che manchi di figure autorevoli in grado di guidarlo attraverso i cambiamenti che sono richiesti dai mutati scenari economici.

Non si è avuto il coraggio di impostare riforme degne dello stesso nome.

Piccoli aggiustamenti all’insegna del “tiriamo a campare”.

Non siamo in grado di ripensarci in maniera diversa a quello che siamo stati.

Nel bene e nel male.

Eppure il nostro tessuto socio economico è permeato nel profondo da risorse e valori importanti.

Libertà, solidarietà, laboriosità.

La nostra società civile sta prendendo piano a piano piena consapevolezza dell’importanza di impegnarsi in prima persona.

Dell’importanza di non delegare più con mandati in bianco.

E’ finito oramai il tempo dei salvatori della Patria.

Vi è l’estrema necessità di esempi di cittadini che s’impegnino in prima persona per il bene del Paese e per l’interesse collettivo.

Servono esempi di persone che mostrino come si possa coniugare l’interesse particolare con quello generale.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “LA LIBERTA’ RITROVATA” – 1999 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 100 x 150 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 17 ottobre 2011

Come cambia il mondo

Abbiamo perso nel nostro vocabolario quotidiano parole come “buon padre di famiglia” per sostituirle con “richieste, controlli, dichiarazioni, autocertificazioni” e relative sanzioni.

E’ giusto che sia così, se la nostra società si sta evolvendo in questo senso.



San Marino 17 ottobre 2011/1711 d.F.R.


Come cambia il mondo, com’è cambiato San Marino e com’è cambiato il modo di lavorare.

Purtroppo abbiamo perso la possibilità di gestire la nostra vita e quella della comunità in cui viviamo, con quel senso di responsabilità e di buon senso.

Possibilità che abbiamo avuto fino a pochi anni fa.

Può anche essere che non ce la meritiamo più, ma è indubbio che siamo destinati a vivere, causa principale il susseguirsi delle crisi economiche sempre più devastanti, in un mondo sempre meno libero.

Limitazione della libertà, quest'ultima intesa non come possibilità di fare qualsiasi cosa a danno anche degli altri.

Limitazione della libertà intesa come rendicontazione continua del proprio operato.

Abbiamo perso nel nostro vocabolario quotidiano parole come “buon padre di famiglia” per sostituirle con “richieste, controlli, dichiarazioni, autocertificazioni” e relative sanzioni.

E’ giusto che sia così, se la nostra società si sta evolvendo in questo senso.

Probabilmente è il prezzo che dobbiamo pagare per stare nel consesso dei Paesi evoluti.

Oramai, come anche nella vicina Italia, quasi tutti i reati hanno implicazioni di carattere penale.

I liberi professionisti, un tempo baldanzosi e pieni d’iniziative, sono oggi dei meri e semplici controllori, con funzioni sostitutive di polizia ed esattoria.

Non solo responsabilizzati ad oltranza e pesantemente sanzionati in caso di meri errori formali negli adempimenti previsti, ma con in aggiunta, l’accusa ignobile di essere per presunzione evasori fiscali.

E perciò ghettizzati anche fiscalmente come vuole la bozza di riforma fiscale in essere.

Cornuti e mazziati come si usa dire e in aggiunta terrorizzati dico io.

Saltando a piè pari penalizzazioni e iniquità della riforma previdenziale soprattutto a danno delle future generazioni.

Fare impresa è sempre più difficile per la mole di norme e dettati da rispettare.

L’incremento della burocratizzazione è stato impressionante negli ultimi anni.

Non si è tenuto conto che il lavoro autonomo e la piccola imprenditoria sono la ricchezza primaria di un Paese e che andrebbe favorita e supportata, in tutti i modi possibili.

Non chiede nulla, dà occupazione e supporta il sistema.

Immaginiamoci se tutti questi improvvisamente chiudessero e smettessero di versare contributi, imposte, di dare occupazione.

Immaginiamoci se tutti questi fossero in fila per accedere, anche per le note vie “clientelari” a un agognato impiego nella pubblica amministrazione, vero grande ammortizzatore sociale.

Ma così vanno le cose e così cambia il mondo.


Alberto Rino Chezzi

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Nel riquadro: “LOOP” – 2003 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 10 ottobre 2011

Sulla sovranità

L’esercizio della sovranità è fatto esercitando la potestà al proprio interno.

Possiamo, volendo esercitare appieno la nostra sovranità, senza procurare danno ad alcuno, sbizzarrirci in tutte le direzioni.




San Marino, 10 ottobre 2011/1711 d.F.R.


Spesso, specialmente negli ultimi tempi, ci sentiamo toccati nel profondo quando si parla di sovranità.

E’ un po’ come se ci sentissimo defraudati di un qualche cosa che ci appartiene da sempre e che è intimamente legato al nostro Paese.

Che cos'è la sovranità?

La possibilità di essere “liberi dagli uni e dagli altri”, un potere pieno e indipendente, come qualità giuridica e potestà politica.

Probabilmente però è un principio questo, quello della sovranità, che talvolta abbiamo esercitato male, oppure peggio ancora, vi sono state delle occasioni in cui poteva e doveva essere esercitato e non l’abbiamo fatto.

Per un certo periodo sono state forzate molte operatività fiscali, finanziarie e commerciali, specialmente fuori dai nostri confini e sotto l’ombrello della tanto nostra decantata sovranità.

Sono state talvolta attuate le così dette “pratiche dannose” da parte di operatori provenienti di solito fuori dai nostri confini, che hanno creato danni a chi, sammarinese o no, ha investito da sempre nel Paese.

In particolar modo nei rapporti con l’Italia sono pochi i settori nei quali non ci hanno contestato, anche in forma indiretta queste pratiche dannose.

Da quello fiscale a quello bancario, da quello della tutela della proprietà intellettuale a quello doganale.

Eppure ci siamo incanalati in percorsi, che ci permetteranno di esercitare in futuro appieno la nostra sovranità.

Scelte obbligate e indotte.

Università, arte, parco tecnologico e scientifico in primis.

L’esercizio della sovranità è fatto esercitando la potestà al proprio interno.

Possiamo, volendo esercitare appieno la nostra sovranità, senza procurare danno ad alcuno, sbizzarrirci in tutte le direzioni.

Prendere quindi seriamente in esame l’ipotesi di dotarsi d’infrastrutture idonee per gestire un flusso turistico diverso da quello attuale, quali ad esempio il ripristino della vecchia ferrovia Rimini -San Marino e la realizzazione a Torraccia, di un piccolo aeroporto per il trasporto passeggeri.

Proviamo a percorrere anche l’idea di far transitare sulle nostre strade solo auto elettriche e ristrutturare la nostra offerta turistica compatibilmente all’ambiente in cui viviamo.

Ha infine perfettamente ragione Paolo Barnard, nell’intervista rilasciata questa settimana al quotidiano sammarinese l’Informazione, quando parla di verificare la possibilità, al fine di superare questa grave crisi finanziaria, di emettere direttamente la nostra moneta (lo scudo sammarinese?) e risolvere così buona parte dei nostri problemi.

In definitiva proviamo ad esercitare in maniera intelligente quello che è la nostra più grande ricchezza: la sovranità ossia la concreta possibilità di autodeterminare il nostro destino. Facciamolo! Con creatività, intelligenza e a tempi brevi, possibilmente cercando di individuare soluzioni che al momento sono a portata di mano, ma richiedono solo un po’ di coraggio per essere adottate.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “COME SOTTO COSI’ SOPRA” – 2004 – Ciaccaezetazetai – olio su tela e denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

domenica 2 ottobre 2011

La lista rossa o red list

Volendo trasportare e applicare alla politica nostrana il meccanismo della black list, la maggioranza dei nostri Consiglieri vi rientrerebbe a pieno titolo, con la quasi totalità dei partiti, sia di maggioranza sia di opposizione, in procedura rafforzata.


San Marino 3 ottobre 2011/1711 d.F.R.


Il Moneyval ci ha promosso. Il "Decreto Mussoni" è stato approvato. La riforma delle pensioni pure. La Commissione antimafia è stata istituita. La riforma della PA e quella fiscale in dirittura d’arrivo. Tutto sembra giusto e perfetto e nello stesso tempo tutto sembra perfettamente inadeguato. Stiamo cambiando come sistema Paese ma il cambiamento prodotto è stato fortemente indotto dall’esterno. Le riforme promosse all’interno mancano sostanzialmente di coraggio, legate al contingente e senza prospettive. Tanto fumo e poco arrosto. La nostra classe politica sta veramente perdendo un treno importante. In attesa che si faccia chiarezza sull’inquietante vicenda degli eventuali legami tra camorra e politica, quest’ultima sembra più impegnata in un dialogo tra sordi tra opposizione e governo, incapace di rinnovarsi negli uomini e nelle idee, legata alla gestione del potere fine a se stessa, senza un’alta idealità e visione della società che potrà essere. Siamo ancora qui a discutere di Casinò, soluzione a tutte le nostre difficoltà economiche, e noto addormentare di coscienze e ricettacolo di interessi spesso inconfessabili. Tralasciando cultura, arte, turismo, formazione, innovazione, ricerca. L’incentivazione di un’economia produttiva, magari tecnologicamente avanzata, che è l’unica sana. Il malessere incomincia a diffondersi, come testimonia l’azione promossa dai cosi detti “indignados” durante l’insediamento dei nuovi Capitani Reggenti, che non ha precedenti nel corso della nostra millenaria storia. La leadership che fino ad oggi ha guidato il Paese, invece di fare un passo indietro assumendosi così la responsabilità politica della gestione degli ultimi trent’anni, si propone come il nuovo con le solite, consumate e anacronistiche formule. Non può essere la stessa classe politica che ci ha governato negli ultimi trent’anni a fare le riforme necessarie. Politici che siedono in Consiglio Grande e Generale o che hanno ricoperto il ruolo di Segretari di Stato ininterrottamente da decenni, che hanno cambiato formazione politica con la stessa disinvoltura con cui si cambia un treno, stipendiati direttamente dai partiti o dalla pubblica amministrazione vera formazione politica al governo. Con palesi conflitti d’interessi. Volendo trasportare e applicare alla politica nostrana il meccanismo della black list, la maggioranza dei nostri Consiglieri vi rientrerebbe a pieno titolo, con la quasi totalità dei partiti, sia di maggioranza sia di opposizione, in procedura rafforzata. E’ quindi una classe politica da tenere altamente monitorata, che va indirizzata verso un percorso di ricambio e di maggiore trasparenza. Con obbligo di rendiconto nei confronti dell’elettorato. Dando la massima pubblicità, a chi ha fatto bene e a chi ha operato male. Anzi più che una black list (lista nera) andrebbe redatta una red list (lista rossa), affinché appaia un minimo di rossore di vergogna per chi nonostante tutto vuole continuare a gestire, controllare il Paese a fini che non sono quelli d’interesse generale.


Alberto Rino Chezzi

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Nel riquadro: “1000 RIGHE” – 2003 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 19 settembre 2011

Gabriele Gatti e l'Università

Purtroppo non si può però fare nessun addebito a Gabriele Gatti che, da politico abile e consumato qual è, ha promosso un’azione esterna affinché potesse raggiungere questo importante traguardo.



San Marino 19 settembre 2001/1711 d.F.R.


Nonostante le proteste di alcuni cittadini, promosse prima su facebook e resisi concrete poi con la manifestazione del Pianello, la maggioranza in Consiglio Grande e Generale ha nominato, giovedì della scorsa settimana, Gabriele Gatti Capitano Reggente con Matteo Fiorini. E’ stata questa l’ennesima dimostrazione della lontananza della politica dalla gente. La nostra classe politica e in particolar modo il partito di maggioranza relativa all’interno del Patto per San Marino, ha mostrato di aver compiuto una scelta come minimo inopportuna. Non si è minimamente considerato che la stessa persona, eletta comunque con tutti i crismi della legalità, è quella che ha retto la nostra politica estera per vent’anni e negli ultimi tempi anche la politica finanziaria e fiscale. Può anche essere che qualche responsabilità, piccola o grande che sia, dell’attuale situazione in cui versa la Repubblica gli sia attribuibile. Non si è minimamente considerato che quella stessa persona è al centro, anzi punto snodale nella vicenda, per noi dolorosa, chiamata “affaire” Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino e Gruppo Delta. Purtroppo non si può però fare nessun addebito a Gabriele Gatti che, da politico abile e consumato qual è, ha promosso un’azione esterna affinché potesse raggiungere questo importante traguardo. La polemica inerente la nomina di Gabriele Gatti, alla più alta carica istituzionale del nostro Paese, nasce probabilmente dal fatto che la politica negli ultimi decenni non ha saputo rinnovarsi negli uomini e nelle idee. Certo, è vero anche come, lo stesso Gatti, non abbia mai incoraggiato nuove figure all’interno del suo partito in grado di sostituire la sua leadership. La protesta forse, era più giusto farla in Via delle Scalette, poiché oramai, il Consiglio Grande e Generale, ha sempre meno la centralità della vita politico amministrativa del Paese. Anche a causa dell’adozione di numerosi Decreti Legge e delle Commissioni. Tutto questo ha fatto passare in secondo piano un importante evento che è avvenuto mercoledì 24 agosto scorso. Ossia la firma dell’Accordo fra la Repubblica di San Marino e la Repubblica Italiana, sul reciproco riconoscimento dei titoli universitari al fine del proseguimento degli studi. Chiunque consegua la laurea in una delle università aderenti all’accordo è dunque autorizzato da oggi a fregiarsene nell’altro Stato. L’Accordo offre nuove possibilità di sviluppo delle relazioni culturali fra i due Paesi e di scambio di esperienze e di conoscenze in campo scientifico e universitario. E’ una grandissima opportunità in definitiva per portarsi in casa il “sapere”. L’obiettivo deve però quello di ri-formare le coscienze dei cittadini e formare una classe dirigente all’altezza dei cambiamenti storici in atto. Sino a oggi, nella pubblica amministrazione le preoccupazioni principali sono state le indennità, le parentele, la politica e il mantenimento dell’incarico a scapito della formazione e della meritocrazia. Quella della formazione e della cultura è la strada obbligata per riappropriarci dei punti nevralgici del nostro piccolo Stato, oggi diretti e gestiti da non sammarinesi. Potrebbe essere la grande opportunità di ri-formare, magari rimandandoli a scuola preventivamente, se si vogliono candidare a occupare le tanto agognate poltrone, anche i nostri politici. Per verificare almeno se alberga in loro un minimo di senso dello Stato. Allora non vi sarebbe sicuramente la necessità di andare a manifestare sul Pianello.

Alberto Rino Chezzi


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lunedì 12 settembre 2011

1.711, l’anno che verrà

Molti cittadini incominciano, però, a credere che un cambiamento, anche nelle coscienze della politica, le più intelligenti almeno, avvenga e possa avvenire.

Un ritorno alle basi fondanti della nostra collettività, che non possono che essere repubblicane.



San Marino 12 settembre 2011/1711 d.F.R.


Siamo appena entrati nel 1.711° anno di vita dalla Fondazione della Repubblica e incredibilmente ci ritroviamo ancora vivi.

Con le ossa rotte ma ancora vivi.

Sono passati alla data del 3 settembre 2011/1710 d.F.R., “compleanno della nostra Repubblica” esattamente 1.337 giorni.

Poco più di tre anni e mezzo.

Eppure sembra solo ieri - 5 gennaio 2008/1707 d.F.R. - che, con l’operazione “Re Nero”, è iniziata l’operazione “ridimensionamento” della nostra già piccola Repubblica.

In questi 1.337 giorni, sono accaduti tanti eventi, impensabili solo qualche mese prima.

Il più colpito è stato il sistema bancario e finanziario, cuore del nostro sistema.

I vertici di tre banche sammarinesi arrestati, due banche commissariate.

Circa la metà delle finanziarie chiuse.

La raccolta delle nostre banche si è quasi dimezzata in questi tre anni, passando dai 14,4 MLD di euro del giugno 2008 ai 7,9 MLD di euro del giugno di quest’anno.

Banca centrale ha vissuto un discusso cambio dei vertici.

Anche il territorio limitrofo, con il quale da sempre si sono create sinergie di sviluppo, in particolar modo Rimini, ha pagato pesantemente l’attacco al sistema San Marino con il commissariamento di banche importanti a supporto del sistema locale.

La vicenda Delta ha sottratto ricchezza e distrutto posti lavoro, umiliando e mortificando non solo i protagonisti di una grande avventura industriale ma anche tutto un popolo.

La politica e le istituzioni non sono state in grado di difendere il buono che c’era nel sistema e che, nonostante checché se ne dica, era tanto.

Sia nei confronti degli attacchi esterni che di quelli interni.

Ci siamo risvegliati anche con infiltrazioni nel sistema della malavita organizzata, segno che i meccanismi di controllo, quelli importanti, non hanno funzionato.

Ci siamo indignati di fronte all’attacco alla nostra sovranità, senza renderci conto che in materia monetaria e valutaria non l’abbiamo mai avuta.

Sono venuti a meno tutti i capisaldi che hanno retto il nostro sistema negli ultimi trent’anni.

Dalle società anonime al segreto bancario.

Dallo scambio d’informazioni in automatico alle pianificazioni fiscali “al limite della legalità”.

Si è introdotto infine una normativa antiriciclaggio ben più stringente rispetto ai paesi così detti virtuosi, quelli appartenenti alle “white list” tanto per intenderci.

Siamo quindi profondamente cambiati.

Anche nelle coscienze.

Purtroppo questo è stato un cambiamento “indotto”.

Indotto dall’esterno e non scelto per precisa volontà.

Questo perché la nostra è una democrazia malata, ostaggio della politica che spesso ha logiche divergenti rispetto a quelle della collettività intera.

Risponde a esigenze e aspettative di parte, della così detta “maggioranza”, indipendentemente da chi governa.

Lo testimonia il fatto abbiamo tanti grandi politici, che sapranno sicuramente come muoversi nei complicati meandri della vita politica ma nessun statista o uomo dello stato, al servizio cioè della collettività.

Nell’ultima legislatura abbiamo assistito a numerose scissioni, riaggregazioni, fusioni, costituenti e nascita di nuovi movimenti.

Il tutto con il solo fine di spolpare un osso che di polpa non ne ha più.

Molti cittadini incominciano, però, a credere che un cambiamento, anche nelle coscienze della politica, le più intelligenti almeno, avvenga e possa avvenire.

Un ritorno alle basi fondanti della nostra collettività, che non possono che essere repubblicane.

Un ritorno cioè al valore della politica intesa come “servizio” alla collettività, a una gestione della cosa pubblica “res publica” nell’interesse comune.

Con la promozione e difesa ad oltranza dei principi base di ogni tutte le grandi repubbliche: libertà, uguaglianza e fratellanza.

E’ questo l’augurio che si può fare al nostro Paese per l’anno che verrà.


Alberto Rino Chezzi


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Nel riquadro: “TE-ME” – 2000 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation


lunedì 5 settembre 2011

Sulla cooperazione, sperequazione e sussidiarietà

Risultato: un Consiglio Grande e Generale che è sempre meno principe e sovrano, con un significativo svilimento della centralità della vita politica del Paese che gli compete e una classe politica sempre più arrogante e pressapochista.





San Marino 5 settembre 2011/1711 d.F.R.


Mentre la politica sta individuando, realizzando e sperimentando nuove formule politiche, che onestamente oramai interessano i soli addetti ai lavori, non s’intravede da parte di questa un progetto di rilancio per il Paese.

Sia si tratti di partiti al Governo che di quelli all’opposizione.

Un Paese di fatto spaccato in due su diversi fronti.

Politico, poiché la maggioranza oramai ridotta a trenta Consiglieri contro i ventotto dell’opposizione, deve comunque cercare nuove sponde se vuole portare a termine tranquillamente la legislatura.

L’imperativo è di mettere l’avversario politico sempre all’angolo, piuttosto che individuare forme di cooperazione e convergenza politica, almeno sulle questioni più importanti nell’interesse generale.

Anche forzando con evidenti anomalie la nostra Carta dei Diritti e la legge elettorale, producendo micro e macro anomalie istituzionali.

Capitani Reggenti nominati nelle sedi dei partiti, decisioni politiche prese all’interno di un organismo extraconsiliare, quello del Patto nella fattispecie senza neanche confrontarle con il programma elettorale, l’utilizzo di un numero crescente di decreti legge.

Risultato: un Consiglio Grande e Generale che è sempre meno principe e sovrano, con un significativo svilimento della centralità della vita politica del Paese che gli compete e una classe politica sempre più arrogante e pressapochista.

Un Paese spaccato anche nel mondo del lavoro tra dipendenti pubblici e privati, tra frontalieri e non, tra dipendenti e autonomi.

I dipendenti pubblici, oramai divenuta lobby, intoccabili nei diritti acquisiti e nelle indennità, assunti con “chiamata” politica, senza l’utilizzo di concorsi e senza vincoli di sorta quali l’ufficio di collocamento.

I secondi sempre con un dubbio per il loro futuro, senza contratti rinnovati, con un mercato del lavoro ingessato che non facilita l’uscita dal mondo del lavoro, ma certamente neppure lo agevola. Soprattutto per i giovani.

Uno stato sussidiario alla società civile e ai privati piuttosto che uno stato ingombrante e onnipresente.

La libertà di poter scegliere opportunità alternative rispetto a quelle imposte dall’unico fornitore del servizio: la scuola e l’educazione, un esempio per tutti.

Il territorio semplicemente devastato, imbruttito non solo da un’eccessiva costruzione ma anche dalla manca di un piano regolatore che ha solo favorito i ritorni di preferenze elettorali del Segretario di turno.

In cantiere tre riforme: quella previdenziale, quella della Pubblica Amministrazione e quella fiscale.

In tutte e tre le riforme, evidente la mancanza di coraggio e il riformare per non cambiare nulla.

Anche alla luce delle mutate condizioni sociali, economiche, finanziarie e internazionali in cui si trova a operare San Marino.

Quella della Pubblica Amministrazione, appare più una riforma fatta ad hoc per i dirigenti, senza premiare la meritocrazia, senza una valutazione del personale, senza obblighi di formazione, senza responsabilità per chi eventualmente sbaglia. Nessuna previsione di condizioni che favoriscano la fuoriuscita di personale per alleggerire il carico di quest’appesantita macchina.

Manca una previsione di forte riduzione della burocrazia a favore dell’efficienza e della cortesia nei confronti degli utenti.

La riforma previdenziale fatta sempre nell’interesse delle future generazioni, guarda caso non tocca mai i privilegi di quelle presenti, rincorre sempre ed esclusivamente esigenze di cassa senza considerare la sostenibilità del presente.

Ciliegina sulla torta è la riforma fiscale, che potrebbe essere strumento di politica economica, e invece si riduce a mero maquillage per soddisfare impellenti esigenze di cassa cercando di non scontentare nessuno.

Non è stata data l’importanza e l’attenzione che meritano alle imprese, che sono poi quelle che garantiscono occupazione e gettito diretto e indiretto.

Non sono previste forme automatiche d’incentivazione reale per le imprese che investono e portano occupazione, o per chi già lo fa da qualche tempo.

Misure fiscali effettive a sostegno di nuove forme d’impresa, che contribuiscano anche al sociale, quali cooperative o imprese cogestite o compartecipate da chi lavora al proprio interno.

Incentivi alla ricerca, agli investimenti in formazione, nella cultura, nella solidarietà e nella cooperazione.

E’ una riforma che, di fatto, mantiene la sperequazione preesistente.

Quella dei tempi delle vacche grasse.


Alberto Rino Chezzi


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lunedì 29 agosto 2011

L'altra speranza

L’altra speranza è, infine, che vi sia un vero risveglio delle coscienze, sulla possibilità di dire e fare altro dall’esistente; in ultima istanza di decidere una storia diversa.

Che vi sia una forte presa di coscienza e consapevolezza da parte di tutta la nostra piccola comunità che siamo cittadini di un Paese dalle tradizioni importantissime.




San Marino 29 agosto 2011/1710 d.F.R.


Probabilmente entro fine anno si arriverà alla tanta sospirata sottoscrizione degli accordi con la vicina Italia.

Probabilmente entro la fine dell’anno saranno portate a termine le riforme della pubblica amministrazione, del sistema fiscale e di quello previdenziale.

Probabilmente andremo anche a votare prima che la legislatura arrivi al suo naturale termine.

Tutto questo riaccende la speranza di lasciarci alle spalle i tre anni terribili che hanno, di fatto, piegato il Paese alle altrui volontà per ricominciare un nuovo percorso.

Ricostruire sulle ceneri per sperare in un futuro migliore.

E’ questa però una speranza che lascia l’amaro in bocca per quello che si poteva fare e non si è fatto.

Che esista forse un’altra speranza in un numero sempre maggiore di sammarinesi?

La speranza – come scrive Pablo Neruda – ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle.

A ben guardare in questi tre anni non è che poi sia cambiato così nel profondo il nostro Paese. L’altra speranza è che la politica riprenda e promuova e difenda le grandi idee e i grandi valori, quali la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà.

Che non si riduca perciò solo a un’attività di piccolo cabotaggio quotidiano.

Tenendo sempre come riferimento principale la “Dichiarazione dei diritti dei cittadini e dei principi fondamentali dell'ordinamento sammarinese”.

Restituendo la centralità della vita politica del Paese al Consiglio Grande e Generale e non alle segreterie dei partiti e ai loro leader.

Riducendo al minimo gli strappi e le anomalie istituzionali.

L’altra speranza è che il lavoro e la laboriosità siano rimesse al centro dell’azione e della cultura sociale di questa piccola Repubblica e sia a tutti gli effetti, un diritto dovere così come indicato nella nostra Dichiarazione dei diritti.

Che sia favorita la cooperazione come una delle risposte possibili ad una crisi non solo economica e finanziaria ma anche di valori.

L’altra speranza è, infine, che vi sia un vero risveglio delle coscienze, sulla possibilità di dire e fare altro dall’esistente; in ultima istanza di decidere una storia diversa.

Che vi sia una forte presa di coscienza e consapevolezza da parte di tutta la nostra piccola comunità che siamo cittadini di un Paese dalle tradizioni importantissime.

Dobbiamo in definitiva risvegliare il nostro senso civico nella realtà quotidiana del nostro agire.

Sempre tenendo bene a mente la nostra Carta dei diritti la quale prevede ad esempio che tutti i cittadini hanno l’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.

Non serve perciò a nessuno ghettizzare fiscalmente alcune categorie rispetto ad altre.

Cosi come non è uno scandalo pensare che l'attività della pubblica amministrazione si conformi a criteri di legalità, imparzialità ed efficienza.

Quello che è mancato al nostro Paese sino a oggi è un linguaggio unitario.

Come insegna una grande scuola di pensiero “dove vi è linguaggio unitario vi è un mondo possibile di relazioni più profonde, non disseminato dalle infinite croci di chi pensa solo ai propri interessi”.

E’ questa l’altra speranza.


Alberto Rino Chezzi


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