lunedì 7 novembre 2011

Per un'economia fraterna

Anche gli Ecc.mi Capitani Reggenti, nel messaggio d’insediamento e in quello di fine anno 2010 hanno fatto “un grosso appello all’unità, al senso di responsabilità e alla capacità di elaborare proposte utili agli interessi del Paese.





San Marino 7 novembre 2001/1711 d.F.R.


La crisi economica finanziaria sta travolgendo un’Europa sempre più fragile dal punto di vista politico.

Il commissariamento di fatto dell’Italia, da parte della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, con verifiche e controlli periodici sullo stato avanzamento dei provvedimenti da attuare, ricorda ai sammarinesi il percorso che, volenti o nolenti, hanno intrapreso per adeguarsi ai nuovi “standard internazionali”.

L’Italia, che nei confronti della nostra piccola Repubblica si è assunta, di fatto, il compito di “garante” di un cambiamento radicale del nostro sistema economico-finanziario, si è di ritrovata a sua volta commissariata e controllata a vista dagli organismi internazionali.

Per l’Italia è come se si realizzasse un paradossale destino karmico, con un grande deficit di affidabilità soprattutto in ambito politico nei confronti dell’Europa e del mondo.

E’ comunque una situazione sulla quale non vi è da gioire ma solo da esserne preoccupati.

L‘integrazione culturale, politica ed economica con la vicina Italia, con la quale c’è sempre stato un rapporto di vera amicizia, potrebbe costringerci ad affrontare un’ulteriore emergenza soprattutto in ambito economico e finanziario.

Il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, nell’appello lanciato la settimana scorsa, evidenzia la necessità impellente, di fronte alle dure prove che dovranno essere affrontate, di coesione sociale, cambiare stile di vita e fine al clima avvelenato della politica.

La speranza è che sia un messaggio accolto dal popolo italiano, che non cada nel vuoto come invece accaduto a casa nostra.

Anche gli Ecc.mi Capitani Reggenti, nel messaggio d’insediamento e in quello di fine anno 2010 hanno fatto “un grosso appello all’unità, al senso di responsabilità e alla capacità di elaborare proposte utili agli interessi del Paese.

Un appello che era rivolto soprattutto alle forze politiche, ma che riguardava in grande misura anche le organizzazioni sindacali, imprenditoriali, le varie associazioni e ogni cittadino che avesse responsabilità di decidere, di programmare, di compiere scelte, di esprimere orientamenti.”.

Un appello evidentemente caduto nel vuoto.

Attività legislativa in Consiglio Grande e Generale svolta con una maggioranza risicata a un Consigliere, con un’attività della politica volta più alla conservazione e gestione del potere che al fare delle scelte “alte”.

Nella più completa assenza di una condivisione sui temi importanti e alla base di una pacifica, equa e civile convivenza.

Scelte da fare ponendo al centro l’uomo e la comunità di cui fa parte.

Il nostro è stato più il Paese delle non scelte.

Anche le relazioni industriali, tra le organizzazioni imprenditoriali e sindacali, sono ancora ingessate su posizioni preminentemente ideologiche da anni 50, dimenticandosi che i muri sono già tutti caduti da parecchio tempo.

Lo testimonia il fatto che ancora il contratto industria deve essere firmato.

Non si è cercato un approccio diverso, altre relazioni, nuovi modelli da iniettare nel nostro sistema, ma solo la difesa estenuante delle proprie posizioni di potere e dei rispettivi diritti, dimenticandosi completamente i doveri.

Da tempo non esiste più né ”il padrone” nè “l’operaio”.

Gli imprenditori devono essere consapevoli che l’impresa non è più un loro bene esclusivo e che esistono grazie all'impegno di chi li ha preceduti e di quanti vi hanno lavorato a tutti i livelli.

Non possono quindi utilizzarle per scopi meramente personali.

Prendendosi tutti i benefici e gli incentivi disponibili e lasciando tutti in braghe di tela quando questi sono cessati.

Così che coloro che vi prestano la propria opera possano essere compartecipi e considerati la risorsa primaria di ogni attività d’impresa.

Impresa e prestatori d’opera sono entrambi patrimonio e risorse e importantissime per la comunità in cui operano.

Le riforme che si andranno a fare in tema di pubblica amministrazione, fisco, previdenza e banche, devono incoraggiare l’incontro e favorire lo sviluppo di nuovi modelli economici non più incentrati sul mero egoismo dei singoli attori o delle corporazioni condizionati la vita economica del Paese.

Incentivare le imprese sociali, cooperative, nuovi modelli partecipativi, ricerca e sviluppo, in maniera tale che, dopo la follia della globalizzazione, sia favorita una ri-localizzazione di attività che sono la ricchezza di un Paese e patrimonio di tutta la collettività.

E’ questa quella che viene chiamata l’Economia Fraterna e che, promossa da tutti coloro che hanno a cuore veramente il sociale, può essere la risposta vincente alla crisi economica e finanziaria in atto che è anche crisi di valori e di identità

I nostri Consiglieri, invece che litigare tra loro e arroccarsi nelle rispettive torri d’avorio, farebbero bene a “fare proprio” l’appello della nostra massima autorità e, cooptando le nostre migliori intelligenze, chiudersi in Consiglio Grande e Generale per uscirne solo quando avranno da dare delle risposte e delle prospettive alle richieste che provengono dal Paese.


Alberto Rino Chezzi


www.smdazibao.blogspot.com


Nel riquadro: “IL SE’ MIGLIORE” – 2004 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 300 x 250 – courtesy of Ec Foundation

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