lunedì 19 settembre 2011

Gabriele Gatti e l'Università

Purtroppo non si può però fare nessun addebito a Gabriele Gatti che, da politico abile e consumato qual è, ha promosso un’azione esterna affinché potesse raggiungere questo importante traguardo.



San Marino 19 settembre 2001/1711 d.F.R.


Nonostante le proteste di alcuni cittadini, promosse prima su facebook e resisi concrete poi con la manifestazione del Pianello, la maggioranza in Consiglio Grande e Generale ha nominato, giovedì della scorsa settimana, Gabriele Gatti Capitano Reggente con Matteo Fiorini. E’ stata questa l’ennesima dimostrazione della lontananza della politica dalla gente. La nostra classe politica e in particolar modo il partito di maggioranza relativa all’interno del Patto per San Marino, ha mostrato di aver compiuto una scelta come minimo inopportuna. Non si è minimamente considerato che la stessa persona, eletta comunque con tutti i crismi della legalità, è quella che ha retto la nostra politica estera per vent’anni e negli ultimi tempi anche la politica finanziaria e fiscale. Può anche essere che qualche responsabilità, piccola o grande che sia, dell’attuale situazione in cui versa la Repubblica gli sia attribuibile. Non si è minimamente considerato che quella stessa persona è al centro, anzi punto snodale nella vicenda, per noi dolorosa, chiamata “affaire” Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino e Gruppo Delta. Purtroppo non si può però fare nessun addebito a Gabriele Gatti che, da politico abile e consumato qual è, ha promosso un’azione esterna affinché potesse raggiungere questo importante traguardo. La polemica inerente la nomina di Gabriele Gatti, alla più alta carica istituzionale del nostro Paese, nasce probabilmente dal fatto che la politica negli ultimi decenni non ha saputo rinnovarsi negli uomini e nelle idee. Certo, è vero anche come, lo stesso Gatti, non abbia mai incoraggiato nuove figure all’interno del suo partito in grado di sostituire la sua leadership. La protesta forse, era più giusto farla in Via delle Scalette, poiché oramai, il Consiglio Grande e Generale, ha sempre meno la centralità della vita politico amministrativa del Paese. Anche a causa dell’adozione di numerosi Decreti Legge e delle Commissioni. Tutto questo ha fatto passare in secondo piano un importante evento che è avvenuto mercoledì 24 agosto scorso. Ossia la firma dell’Accordo fra la Repubblica di San Marino e la Repubblica Italiana, sul reciproco riconoscimento dei titoli universitari al fine del proseguimento degli studi. Chiunque consegua la laurea in una delle università aderenti all’accordo è dunque autorizzato da oggi a fregiarsene nell’altro Stato. L’Accordo offre nuove possibilità di sviluppo delle relazioni culturali fra i due Paesi e di scambio di esperienze e di conoscenze in campo scientifico e universitario. E’ una grandissima opportunità in definitiva per portarsi in casa il “sapere”. L’obiettivo deve però quello di ri-formare le coscienze dei cittadini e formare una classe dirigente all’altezza dei cambiamenti storici in atto. Sino a oggi, nella pubblica amministrazione le preoccupazioni principali sono state le indennità, le parentele, la politica e il mantenimento dell’incarico a scapito della formazione e della meritocrazia. Quella della formazione e della cultura è la strada obbligata per riappropriarci dei punti nevralgici del nostro piccolo Stato, oggi diretti e gestiti da non sammarinesi. Potrebbe essere la grande opportunità di ri-formare, magari rimandandoli a scuola preventivamente, se si vogliono candidare a occupare le tanto agognate poltrone, anche i nostri politici. Per verificare almeno se alberga in loro un minimo di senso dello Stato. Allora non vi sarebbe sicuramente la necessità di andare a manifestare sul Pianello.

Alberto Rino Chezzi


www.smdazibao.blogspot.com


Nel riquadro: “TEOREMA SCP” – 1999 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation

lunedì 12 settembre 2011

1.711, l’anno che verrà

Molti cittadini incominciano, però, a credere che un cambiamento, anche nelle coscienze della politica, le più intelligenti almeno, avvenga e possa avvenire.

Un ritorno alle basi fondanti della nostra collettività, che non possono che essere repubblicane.



San Marino 12 settembre 2011/1711 d.F.R.


Siamo appena entrati nel 1.711° anno di vita dalla Fondazione della Repubblica e incredibilmente ci ritroviamo ancora vivi.

Con le ossa rotte ma ancora vivi.

Sono passati alla data del 3 settembre 2011/1710 d.F.R., “compleanno della nostra Repubblica” esattamente 1.337 giorni.

Poco più di tre anni e mezzo.

Eppure sembra solo ieri - 5 gennaio 2008/1707 d.F.R. - che, con l’operazione “Re Nero”, è iniziata l’operazione “ridimensionamento” della nostra già piccola Repubblica.

In questi 1.337 giorni, sono accaduti tanti eventi, impensabili solo qualche mese prima.

Il più colpito è stato il sistema bancario e finanziario, cuore del nostro sistema.

I vertici di tre banche sammarinesi arrestati, due banche commissariate.

Circa la metà delle finanziarie chiuse.

La raccolta delle nostre banche si è quasi dimezzata in questi tre anni, passando dai 14,4 MLD di euro del giugno 2008 ai 7,9 MLD di euro del giugno di quest’anno.

Banca centrale ha vissuto un discusso cambio dei vertici.

Anche il territorio limitrofo, con il quale da sempre si sono create sinergie di sviluppo, in particolar modo Rimini, ha pagato pesantemente l’attacco al sistema San Marino con il commissariamento di banche importanti a supporto del sistema locale.

La vicenda Delta ha sottratto ricchezza e distrutto posti lavoro, umiliando e mortificando non solo i protagonisti di una grande avventura industriale ma anche tutto un popolo.

La politica e le istituzioni non sono state in grado di difendere il buono che c’era nel sistema e che, nonostante checché se ne dica, era tanto.

Sia nei confronti degli attacchi esterni che di quelli interni.

Ci siamo risvegliati anche con infiltrazioni nel sistema della malavita organizzata, segno che i meccanismi di controllo, quelli importanti, non hanno funzionato.

Ci siamo indignati di fronte all’attacco alla nostra sovranità, senza renderci conto che in materia monetaria e valutaria non l’abbiamo mai avuta.

Sono venuti a meno tutti i capisaldi che hanno retto il nostro sistema negli ultimi trent’anni.

Dalle società anonime al segreto bancario.

Dallo scambio d’informazioni in automatico alle pianificazioni fiscali “al limite della legalità”.

Si è introdotto infine una normativa antiriciclaggio ben più stringente rispetto ai paesi così detti virtuosi, quelli appartenenti alle “white list” tanto per intenderci.

Siamo quindi profondamente cambiati.

Anche nelle coscienze.

Purtroppo questo è stato un cambiamento “indotto”.

Indotto dall’esterno e non scelto per precisa volontà.

Questo perché la nostra è una democrazia malata, ostaggio della politica che spesso ha logiche divergenti rispetto a quelle della collettività intera.

Risponde a esigenze e aspettative di parte, della così detta “maggioranza”, indipendentemente da chi governa.

Lo testimonia il fatto abbiamo tanti grandi politici, che sapranno sicuramente come muoversi nei complicati meandri della vita politica ma nessun statista o uomo dello stato, al servizio cioè della collettività.

Nell’ultima legislatura abbiamo assistito a numerose scissioni, riaggregazioni, fusioni, costituenti e nascita di nuovi movimenti.

Il tutto con il solo fine di spolpare un osso che di polpa non ne ha più.

Molti cittadini incominciano, però, a credere che un cambiamento, anche nelle coscienze della politica, le più intelligenti almeno, avvenga e possa avvenire.

Un ritorno alle basi fondanti della nostra collettività, che non possono che essere repubblicane.

Un ritorno cioè al valore della politica intesa come “servizio” alla collettività, a una gestione della cosa pubblica “res publica” nell’interesse comune.

Con la promozione e difesa ad oltranza dei principi base di ogni tutte le grandi repubbliche: libertà, uguaglianza e fratellanza.

E’ questo l’augurio che si può fare al nostro Paese per l’anno che verrà.


Alberto Rino Chezzi


www.smdazibao.blogspot.com


Nel riquadro: “TE-ME” – 2000 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 100 x 100 – courtesy of Ec Foundation


lunedì 5 settembre 2011

Sulla cooperazione, sperequazione e sussidiarietà

Risultato: un Consiglio Grande e Generale che è sempre meno principe e sovrano, con un significativo svilimento della centralità della vita politica del Paese che gli compete e una classe politica sempre più arrogante e pressapochista.





San Marino 5 settembre 2011/1711 d.F.R.


Mentre la politica sta individuando, realizzando e sperimentando nuove formule politiche, che onestamente oramai interessano i soli addetti ai lavori, non s’intravede da parte di questa un progetto di rilancio per il Paese.

Sia si tratti di partiti al Governo che di quelli all’opposizione.

Un Paese di fatto spaccato in due su diversi fronti.

Politico, poiché la maggioranza oramai ridotta a trenta Consiglieri contro i ventotto dell’opposizione, deve comunque cercare nuove sponde se vuole portare a termine tranquillamente la legislatura.

L’imperativo è di mettere l’avversario politico sempre all’angolo, piuttosto che individuare forme di cooperazione e convergenza politica, almeno sulle questioni più importanti nell’interesse generale.

Anche forzando con evidenti anomalie la nostra Carta dei Diritti e la legge elettorale, producendo micro e macro anomalie istituzionali.

Capitani Reggenti nominati nelle sedi dei partiti, decisioni politiche prese all’interno di un organismo extraconsiliare, quello del Patto nella fattispecie senza neanche confrontarle con il programma elettorale, l’utilizzo di un numero crescente di decreti legge.

Risultato: un Consiglio Grande e Generale che è sempre meno principe e sovrano, con un significativo svilimento della centralità della vita politica del Paese che gli compete e una classe politica sempre più arrogante e pressapochista.

Un Paese spaccato anche nel mondo del lavoro tra dipendenti pubblici e privati, tra frontalieri e non, tra dipendenti e autonomi.

I dipendenti pubblici, oramai divenuta lobby, intoccabili nei diritti acquisiti e nelle indennità, assunti con “chiamata” politica, senza l’utilizzo di concorsi e senza vincoli di sorta quali l’ufficio di collocamento.

I secondi sempre con un dubbio per il loro futuro, senza contratti rinnovati, con un mercato del lavoro ingessato che non facilita l’uscita dal mondo del lavoro, ma certamente neppure lo agevola. Soprattutto per i giovani.

Uno stato sussidiario alla società civile e ai privati piuttosto che uno stato ingombrante e onnipresente.

La libertà di poter scegliere opportunità alternative rispetto a quelle imposte dall’unico fornitore del servizio: la scuola e l’educazione, un esempio per tutti.

Il territorio semplicemente devastato, imbruttito non solo da un’eccessiva costruzione ma anche dalla manca di un piano regolatore che ha solo favorito i ritorni di preferenze elettorali del Segretario di turno.

In cantiere tre riforme: quella previdenziale, quella della Pubblica Amministrazione e quella fiscale.

In tutte e tre le riforme, evidente la mancanza di coraggio e il riformare per non cambiare nulla.

Anche alla luce delle mutate condizioni sociali, economiche, finanziarie e internazionali in cui si trova a operare San Marino.

Quella della Pubblica Amministrazione, appare più una riforma fatta ad hoc per i dirigenti, senza premiare la meritocrazia, senza una valutazione del personale, senza obblighi di formazione, senza responsabilità per chi eventualmente sbaglia. Nessuna previsione di condizioni che favoriscano la fuoriuscita di personale per alleggerire il carico di quest’appesantita macchina.

Manca una previsione di forte riduzione della burocrazia a favore dell’efficienza e della cortesia nei confronti degli utenti.

La riforma previdenziale fatta sempre nell’interesse delle future generazioni, guarda caso non tocca mai i privilegi di quelle presenti, rincorre sempre ed esclusivamente esigenze di cassa senza considerare la sostenibilità del presente.

Ciliegina sulla torta è la riforma fiscale, che potrebbe essere strumento di politica economica, e invece si riduce a mero maquillage per soddisfare impellenti esigenze di cassa cercando di non scontentare nessuno.

Non è stata data l’importanza e l’attenzione che meritano alle imprese, che sono poi quelle che garantiscono occupazione e gettito diretto e indiretto.

Non sono previste forme automatiche d’incentivazione reale per le imprese che investono e portano occupazione, o per chi già lo fa da qualche tempo.

Misure fiscali effettive a sostegno di nuove forme d’impresa, che contribuiscano anche al sociale, quali cooperative o imprese cogestite o compartecipate da chi lavora al proprio interno.

Incentivi alla ricerca, agli investimenti in formazione, nella cultura, nella solidarietà e nella cooperazione.

E’ una riforma che, di fatto, mantiene la sperequazione preesistente.

Quella dei tempi delle vacche grasse.


Alberto Rino Chezzi


www.smdazibao.blogspot.com


Nel riquadro: "Psychologist" - 1999 - Ciaccaezetazetai - olio su tela - cm 150 x 100 - courtesy EC foundation