lunedì 5 settembre 2011

Sulla cooperazione, sperequazione e sussidiarietà

Risultato: un Consiglio Grande e Generale che è sempre meno principe e sovrano, con un significativo svilimento della centralità della vita politica del Paese che gli compete e una classe politica sempre più arrogante e pressapochista.





San Marino 5 settembre 2011/1711 d.F.R.


Mentre la politica sta individuando, realizzando e sperimentando nuove formule politiche, che onestamente oramai interessano i soli addetti ai lavori, non s’intravede da parte di questa un progetto di rilancio per il Paese.

Sia si tratti di partiti al Governo che di quelli all’opposizione.

Un Paese di fatto spaccato in due su diversi fronti.

Politico, poiché la maggioranza oramai ridotta a trenta Consiglieri contro i ventotto dell’opposizione, deve comunque cercare nuove sponde se vuole portare a termine tranquillamente la legislatura.

L’imperativo è di mettere l’avversario politico sempre all’angolo, piuttosto che individuare forme di cooperazione e convergenza politica, almeno sulle questioni più importanti nell’interesse generale.

Anche forzando con evidenti anomalie la nostra Carta dei Diritti e la legge elettorale, producendo micro e macro anomalie istituzionali.

Capitani Reggenti nominati nelle sedi dei partiti, decisioni politiche prese all’interno di un organismo extraconsiliare, quello del Patto nella fattispecie senza neanche confrontarle con il programma elettorale, l’utilizzo di un numero crescente di decreti legge.

Risultato: un Consiglio Grande e Generale che è sempre meno principe e sovrano, con un significativo svilimento della centralità della vita politica del Paese che gli compete e una classe politica sempre più arrogante e pressapochista.

Un Paese spaccato anche nel mondo del lavoro tra dipendenti pubblici e privati, tra frontalieri e non, tra dipendenti e autonomi.

I dipendenti pubblici, oramai divenuta lobby, intoccabili nei diritti acquisiti e nelle indennità, assunti con “chiamata” politica, senza l’utilizzo di concorsi e senza vincoli di sorta quali l’ufficio di collocamento.

I secondi sempre con un dubbio per il loro futuro, senza contratti rinnovati, con un mercato del lavoro ingessato che non facilita l’uscita dal mondo del lavoro, ma certamente neppure lo agevola. Soprattutto per i giovani.

Uno stato sussidiario alla società civile e ai privati piuttosto che uno stato ingombrante e onnipresente.

La libertà di poter scegliere opportunità alternative rispetto a quelle imposte dall’unico fornitore del servizio: la scuola e l’educazione, un esempio per tutti.

Il territorio semplicemente devastato, imbruttito non solo da un’eccessiva costruzione ma anche dalla manca di un piano regolatore che ha solo favorito i ritorni di preferenze elettorali del Segretario di turno.

In cantiere tre riforme: quella previdenziale, quella della Pubblica Amministrazione e quella fiscale.

In tutte e tre le riforme, evidente la mancanza di coraggio e il riformare per non cambiare nulla.

Anche alla luce delle mutate condizioni sociali, economiche, finanziarie e internazionali in cui si trova a operare San Marino.

Quella della Pubblica Amministrazione, appare più una riforma fatta ad hoc per i dirigenti, senza premiare la meritocrazia, senza una valutazione del personale, senza obblighi di formazione, senza responsabilità per chi eventualmente sbaglia. Nessuna previsione di condizioni che favoriscano la fuoriuscita di personale per alleggerire il carico di quest’appesantita macchina.

Manca una previsione di forte riduzione della burocrazia a favore dell’efficienza e della cortesia nei confronti degli utenti.

La riforma previdenziale fatta sempre nell’interesse delle future generazioni, guarda caso non tocca mai i privilegi di quelle presenti, rincorre sempre ed esclusivamente esigenze di cassa senza considerare la sostenibilità del presente.

Ciliegina sulla torta è la riforma fiscale, che potrebbe essere strumento di politica economica, e invece si riduce a mero maquillage per soddisfare impellenti esigenze di cassa cercando di non scontentare nessuno.

Non è stata data l’importanza e l’attenzione che meritano alle imprese, che sono poi quelle che garantiscono occupazione e gettito diretto e indiretto.

Non sono previste forme automatiche d’incentivazione reale per le imprese che investono e portano occupazione, o per chi già lo fa da qualche tempo.

Misure fiscali effettive a sostegno di nuove forme d’impresa, che contribuiscano anche al sociale, quali cooperative o imprese cogestite o compartecipate da chi lavora al proprio interno.

Incentivi alla ricerca, agli investimenti in formazione, nella cultura, nella solidarietà e nella cooperazione.

E’ una riforma che, di fatto, mantiene la sperequazione preesistente.

Quella dei tempi delle vacche grasse.


Alberto Rino Chezzi


www.smdazibao.blogspot.com


Nel riquadro: "Psychologist" - 1999 - Ciaccaezetazetai - olio su tela - cm 150 x 100 - courtesy EC foundation

1 commento:

  1. Lunedì 5 Settembre 2011/1711

    Ho letto il tuo articolo e sono pienamente concordr sulla posizione che hai assunto nei confronti della "Riforma proposta" che altro non è che il mantenimento e il rafforzamento di quanto già in essere: non si deve cambiare niente, solo false promesse, inutili pagliativi, giri di parole, mistificazione dei fatti. Questa è la regola, il vangelo della politica e di CHI la fa: importante è gestire il potere non il risultato, e soprattutto il profitto personale ( lecito o meno ) e quello del Partiro che si rappresenta.
    Rivedendo qualche aspetto delle "proposta si evice:
    a)nessun provvedimento a favore delle imrese per incentivi - occupaszione - sviluppo
    b)nessuna elargizione per ricerca - formazione - cultura ( sembra un ritorno al Medioevo: la gente deve restare ignorante )
    c)Previdenza: si parla del futuro, delle nuove generazioni ma ora si deve fare"cassa"
    d)P.A. meglio non entrare in quel labirinto di clientarismo, raccomandazioni, supporti politici ecc ecc. E' impensabile una riforma.
    e) Il territori: è mai stato fatto un piano regolatore? Se sì probabilmente è andato perso.
    Conclusione:
    L'alternativa a questa "VERGOGNA" politica sarebbequello di organizzare un REFERENDUM ma non di matrice politica, fatto veramente dai cittadini - da noi tutti in quanto NOI siamo lo Stato - chiedere e obbligare gli attuali politici a dimettersi tutti - senza eccezzioni - e formare un governo di TECNICI - fuori da ogni matrice politica, per garantirre finalmente una GESTIONE VERA e ONESTA, ben differente dall'attuale.
    LUIGI

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