lunedì 21 marzo 2011

Riforme o lenticchie

Non può essere però, che le riforme siano fatte per creare le condizioni affinché, sia mantenuto l’attuale sistema. Non abbiamo le risorse per mantenerlo.




San Marino 21 marzo 2011/1710 d.F.R.


La situazione nel Paese è sempre più difficile man mano che passa il tempo e man mano che la politica stenta a trovare le sue formule di governo.

Siamo ancora nella fase della ricerca di formule politiche senza ancora un progetto strategico indispensabile per ripensare al nostro sviluppo.

Sono improrogabili riforme, nei settori chiave del convivere sociale, che non possono non essere che richiedere sacrifici per tutti.

Riforma della PA e del pubblico allargato, del sistema delle pensioni, del mercato del lavoro, del sistema fiscale che però dovranno essere fatte nell’interesse della collettività.

Non può essere però, che le riforme siano fatte per creare le condizioni affinché, sia mantenuto l’attuale sistema.

Non abbiamo le risorse per mantenerlo.

La PA, che è il nostro fardello principale, non potrà che essere drasticamente ridotta, si dovranno togliere indennità che, di fatto, sono retribuzioni aggiuntive, introdurre un tetto massimo per i dirigenti con equiparazione di stipendi per funzioni e soprattutto reintrodurre i concorsi. Insomma regole certe affinché la Pubblica Amministrazione sia al servizio dei cittadini e non della politica.

Una risorsa e non un peso.

Nel pubblico allargato la sanità è la prima azienda del Paese in termini occupazionali, porta ancora con sé il fardello di tanti anni di gestione politica della stessa. Se si vuole che funzioni in un’ottica di servizio al cittadino necessariamente si dovrà collegare all’università ed alla ricerca scientifica.

Il sistema delle pensioni dovrà necessariamente andare verso un sistema basato sulla contribuzione, con tetti minimi e massimi, senza allungare o accorciare l’età pensionabile secondo le convenienze del momento. La divisione dei fondi, finché sono pubblici, non può che avere una funzione meramente contabile. Si potranno dividere solo quelli volontari.

Il mercato del lavoro dovrà necessariamente essere liberalizzato, anche in conformità alle convenzioni internazionali da noi sottoscritte. Si deve dare la possibilità di individuare tra le controparti la formula migliore di rapporto tra datore di lavoro e dipendenti.

Sulla fiscalità il discorso sarà più impegnativo. Non si può, infatti, continuare a pensare che solo una categoria sia quella che paga le imposte, mentre le altre sono quelle che evadono. Il principio è molto semplice: a parità di reddito parità di imposta. Se si vuole equità, necessariamente si dovrà incominciare a parlare di tassare i patrimoni e a introdurre il meccanismo dell’IVA.

E’ chiaro a tutti che dovranno essere fatte scelte impopolari che nessun politico vorrà fare, perche purtroppo ancora oggi si ragiona in termini di sola ed esclusiva gestione del potere e del relativo consenso necessario a mantenerlo.

Ecco che allora è necessaria la presenza di tecnici in Congresso di Stato, liberi e non condizionati, con il supporto e il contributo, limitatamente alle sole riforme che si andranno a individuare, di tutto il consiglio grande e generale, nessuno escluso.

Dando la possibilità, come in tutte le democrazie, di poter esprimere il proprio pensiero a tutti, sia si tratti di referendum, sia si tratti di dialettica interna, sia si tratti infine della pubblica opinione o di libertà di stampa.

Va ridata la centralità nella gestione della vita del Paese al Consiglio Grande e Generale.

Nel momento in cui saremo a posto al nostro interno, lo saremo automaticamente anche fuori.

L’alternativa è il default non solo economico ma anche sociale.

Altrimenti chi vorrà, da fuori i nostri confini, potrà comprarci per un piatto di lenticchie.

Alberto Chezzi


www.smdazibao.blogspot.com


Nel riquadro: “LA LIBERTA’ RITROVATA” – 1999 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 100 x 150 – courtesy of Ec Foundation

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