La stabilizzazione dei rapporti con l’Italia non sembra, però più essere un fattore determinate per il riaffacciarsi dell’imprenditoria a San Marino, se non sarà accompagnata da un’apertura importante verso nuovi interlocutori esteri, da un supporto significativo da parte del nostro sistema finanziario, da un nuovo patto sociale tra imprese e lavoro e soprattutto da un’adeguata politica fiscale.
San Marino 16 gennaio 2012/1711 d.F.R.
San Marino in soli tre anni ha perso capitali, impresa e lavoro.
Lo scudo fiscale di Giulio Tremonti ha, di fatto, dimezzato la nostra raccolta a poco più di otto miliardi di euro (anche se Banca Centrale sono mesi che non pubblica più dati ufficiali in tal senso). Lo scudo ha comportato molta meno liquidità a favore delle banche sammarinesi, fattore questo che, unito alle nuove regole sulla governance, ha ridotto sensibilmente le risorse finanziarie a disposizione delle nostre imprese.
La consistente riduzione di affidamenti da parte del nostro sistema bancario, con la contestuale richiesta di maggiori garanzie, è la realtà quotidiana con cui si confrontano decine e decine d’imprese sammarinesi.
Abbiamo quindi assistito alla fuga dei capitali esteri che, con poco merito professionale, abbiamo acquisito nel corso degli anni ‘80, ‘90 e ‘00.
Ora anche la nostra imprenditoria investe all’estero (Italia prevalentemente) pur non avendone nessuna convenienza.
Un nuovo fenomeno migratorio sta interessando le nostre imprese.
Colta al volo l’occasione fornita da Tremonti con il nostro inserimento all’interno della famigerata black list, abbiamo negli ultimi due anni assistito all’apertura di sedi, se non addirittura il trasferimento completo di unità produttive o di sedi legali e amministrative a Rimini, Milano, nelle vicine marche ma anche Russia, Cina e Africa.
Si è assistito allo smantellamento delle unità produttive in loco a favore di nuovi insediamenti in paesi ove magari la manodopera costa 1/5 della nostra oppure, oppure ove sono estremamente limitati se non inesistenti i diritti sindacali.
Abbiamo assistito a un impoverimento del nostro tessuto produttivo, vera base e garanzia di sviluppo dell’economia.
Ciò ha chiaramente ridotto in maniera sensibile l’occupazione e le prospettive occupazionali non solo nel comparto produttivo ma anche nei settori a questo complementari quali quello del commercio e dei servizi.
Sembra per le aziende non essere più sufficiente la minor burocrazia o una tassazione più equa per favorire l’insediamento di nuove realtà industriali.
Il Parco Tecnologico e Scientifico langue e questa è un’importante opportunità di sviluppo che stiamo perdendo.
Ancora nell’imprenditoria sammarinese non si è affermato il concetto d’impresa come bene comune e quindi risorsa fondamentale della società.
Negli Stati Uniti il Presidente Barack Obama ha promosso incentivi e defiscalizzazioni solo per chi promuove occupazione in loco e produce il made in USA.
Quella di San Marino incomincia a essere una situazione preoccupante e seria che, se non affrontata in maniera adeguata rischia di trasformarsi in una problematica economica molto seria..
La stabilizzazione dei rapporti con l’Italia non sembra, però più essere un fattore determinate per il riaffacciarsi dell’imprenditoria a San Marino, se non sarà accompagnata da un’apertura importante verso nuovi interlocutori esteri, da un supporto significativo da parte del nostro sistema finanziario, da un nuovo patto sociale tra imprese e lavoro e soprattutto da un’adeguata politica fiscale.
In definitiva servono incentivi agli insediamenti di nuove imprese, privi questi però di tutti i connotati ideologici che li hanno fino ad oggi accompagnati e concessi sulla base di impegni ed obiettivi raggiunti.
Alberto
Nel riquadro: “THE SOLITUDE” – 1999 – Ciaccaezetazetai – olio su tela – cm 150 x 100 – courtesy EC Foundation
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