L’altra speranza è, infine, che vi sia un vero risveglio delle coscienze, sulla possibilità di dire e fare altro dall’esistente; in ultima istanza di decidere una storia diversa.
Che vi sia una forte presa di coscienza e consapevolezza da parte di tutta la nostra piccola comunità che siamo cittadini di un Paese dalle tradizioni importantissime.
San Marino
Probabilmente entro fine anno si arriverà alla tanta sospirata sottoscrizione degli accordi con
Probabilmente entro la fine dell’anno saranno portate a termine le riforme della pubblica amministrazione, del sistema fiscale e di quello previdenziale.
Probabilmente andremo anche a votare prima che la legislatura arrivi al suo naturale termine.
Tutto questo riaccende la speranza di lasciarci alle spalle i tre anni terribili che hanno, di fatto, piegato il Paese alle altrui volontà per ricominciare un nuovo percorso.
Ricostruire sulle ceneri per sperare in un futuro migliore.
E’ questa però una speranza che lascia l’amaro in bocca per quello che si poteva fare e non si è fatto.
Che esista forse un’altra speranza in un numero sempre maggiore di sammarinesi?
La speranza – come scrive Pablo Neruda – ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle.
A ben guardare in questi tre anni non è che poi sia cambiato così nel profondo il nostro Paese. L’altra speranza è che la politica riprenda e promuova e difenda le grandi idee e i grandi valori, quali la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà.
Che non si riduca perciò solo a un’attività di piccolo cabotaggio quotidiano.
Tenendo sempre come riferimento principale
Restituendo la centralità della vita politica del Paese al Consiglio Grande e Generale e non alle segreterie dei partiti e ai loro leader.
Riducendo al minimo gli strappi e le anomalie istituzionali.
L’altra speranza è che il lavoro e la laboriosità siano rimesse al centro dell’azione e della cultura sociale di questa piccola Repubblica e sia a tutti gli effetti, un diritto dovere così come indicato nella nostra Dichiarazione dei diritti.
Che sia favorita la cooperazione come una delle risposte possibili ad una crisi non solo economica e finanziaria ma anche di valori.
L’altra speranza è, infine, che vi sia un vero risveglio delle coscienze, sulla possibilità di dire e fare altro dall’esistente; in ultima istanza di decidere una storia diversa.
Che vi sia una forte presa di coscienza e consapevolezza da parte di tutta la nostra piccola comunità che siamo cittadini di un Paese dalle tradizioni importantissime.
Dobbiamo in definitiva risvegliare il nostro senso civico nella realtà quotidiana del nostro agire.
Sempre tenendo bene a mente
Non serve perciò a nessuno ghettizzare fiscalmente alcune categorie rispetto ad altre.
Cosi come non è uno scandalo pensare che l'attività della pubblica amministrazione si conformi a criteri di legalità, imparzialità ed efficienza.
Quello che è mancato al nostro Paese sino a oggi è un linguaggio unitario.
Come insegna una grande scuola di pensiero “dove vi è linguaggio unitario vi è un mondo possibile di relazioni più profonde, non disseminato dalle infinite croci di chi pensa solo ai propri interessi”.
E’ questa l’altra speranza.
Alberto
Nel riquadro: “ZIP” – 2003 – Ciaccaezetazetai – olio su denim – cm 100 x 150 – courtesy of EC Foundation
Lunedì 29 Agosto 2011
RispondiEliminaComplimenti per l'articolo che mette ben in evidenza l'attuale situazione di San Marino.
Più che significativo il richiamo a Pablo Neruda e ai "suoi figli": sdegno e coraggo.
Lo sdegno c'è stato e c'è.
Il CORAGGIO - non solo di dire ma anche di fare - auspichiamo che ci prenda nel suo abbraccio e che ci smuova veramente, fino al più profondo del nostro intimo.
Confidando nel Cosiglio Grande e Generale e non certamente nelle segreterie dei partiti politici, dei loro leader e faccendieri, nelle loro insaziabili gole profonde, nel loro modo di gestire il potere a qualunque costo, soprattutto a danno dello Stato e della comunità elettorale, auspichiamo una presa di coscienza e di consapevolezza per fronteggiare il sistema.
Lo Stato siamo noi, non i politici o i sindacalisti: loro devono fare quello che decide la maggioranza degli elettori e non il loro comodo, come purtroppo fanno da troppi anni!
Auspichimo di parlare un "linguaggio unitario" finalizzato al cambiamento: basta con le false promesse di persone ignoranti ( dal latino: in-gnarus che non sa! ) che eletti vantano solo poteri e che sono inoltre tutelati per una serie di "reati" per cui un normale cittadino verrebbe subito condannato.
Luigi